I bambini non solo ci osservano, ma comprendono molto più di quello che pensiamo. Spesso i genitori ci chiedono come spiegare “l’inspiegabile”. Crediamo che non ci sia un unico modo giusto di comunicare con i figli. Noi lavoriamo accanto ai genitori per ritrovare o costruire il proprio “lessico familiare” unico e irripetibile.
Ecco qui un articolo molto interessante di Repubblica a cura di TAHAR BEN JELLOUN per riflettere su questo delicato ed attuale argomento:
A i bambini bisogna dire la verità. E soprattutto non sottovalutare la loro capacità di comprendere anche le cose più orrende e inquietanti. Non che siano più forti degli adulti, ma la loro sensibilità può essere messa alla prova senza conseguenze disastrose sul loro sviluppo. Mentre la menzogna e la negazione rischiano di lasciare sequele e complessi. Cercare di presentare al bambino un mondo roseo, mentire sulla gravità dei fatti avvolgendoli nell’ovatta o in confezione regalo vuol dire rischiare di isolarlo dalla vita, che è fatta di bellezza ma anche di violenza.
Le fiabe di Charles Perrault traboccano di crudeltà. Per non parlare di quelle delle Mille e una notte, ancora più terribili. Ma se piacciono tanto, è indubbiamente per questo motivo, che è alla base della loro universalità e modernità. Sono illustrazioni della lotta del Bene contro il Male. Queste cose, i bambini le comprendono bene, e forse riescono anche a coglierne la complessità.
Oggi, quali che siano le precauzioni prese dai genitori, i piccoli non sono mai del tutto al riparo dalla violenza, dall’estrema brutalità veicolata dai giochi elettronici, dai video-clip musicali e così via. A tutto questo contribuisce anche il cinema, dove i morti ammazzati con la motosega sono ormai moneta corrente. Per non parlare della pornografia, alla portata di un clic, appena i genitori voltano le spalle.
I traumi vissuti dalle famiglie direttamente colpite dagli attentati del 13 novembre sono devastanti per gli adulti come per i bimbi, che hanno bisogno di spiegazioni e di consolazione. Il lutto è qualcosa di crudele, anche se il tempo è un alleato. Ma la perdita di una persona cara scava nell’esistenza un vuoto tremendo, indipendentemente dall’età. Il bambino ha evidentemente bisogno di comprendere, attraverso parole precise e scelte con attenzione.
— Che cos’è un terrorista?
— È un individuo che ha sete del male. Il suo obiettivo è seminare il terrore, la grande paura tra la popolazione.
— Perché?
— A volte non si comprendono le ragioni che spingono alcuni individui a distruggere persone che non conoscono, e che a loro non hanno fatto niente di male.
— Sono pazzi?
— No. Un pazzo è uno che ha perso del tutto la ragione, e non riflette più. Non è responsabile di quello che fa. Mentre i terroristi sono individui preparati appositamente da certi specialisti per andare a uccidere, e a farsi uccidere. Sanno perfettamente quello che devono fare. Al limite si potrebbe dire che sono programmati.
— Non hanno paura?
— No, ed è questa la loro forza. Normalmente, in una guerra gli avversari si trovano faccia a faccia, e i soldati dei due schieramenti combattono per non perdere la vita. Ma oggi i metodi della guerra sono cambiati. Spesso i soldati non sono persone che combattono per difendere dei valori, un bene, un territorio. Non difendono neppure la loro vita, e questo li rende invincibili.
— Perché accettano di morire ammazzando gli altri?
— Tutti gli esseri hanno un istinto che si chiama istinto di vita: una volontà naturale di salvarsi la pelle e di vivere. Mentre questi terroristi che si fanno esplodere in mezzo alla folla hanno accettato di separarsi dall’istinto di vita, di sostituirlo con l’istinto di morte.
— Ma come?
— Esistono specialisti che raccontano loro certe storie, basate non sulla ragione ma su promesse mirabolanti. Lo fanno servendosi di tecniche che rendono il cervello malleabile, manipolabile.
— Puoi darmi qualche esempio?
— Usano parole che corrispondono alle loro aspettative, come jihad, martirio, paradiso, ricompensa suprema… Siamo su un terreno religioso. Quando si crede a questo si passa dall’altro lato della vita. O in altri termini, si accetta di credere che chi fa la jihad — la guerra contro i miscredenti, quelli che non credono nel loro Dio — e offre la propria vita in sacrificio, andrà direttamente in Paradiso, per essere accolto da giovani vergini e fare una vita mille volte più bella di quella che conosciamo quaggiù.
— Uauuu!
— Hai ragione. Un martire è uno che muore per un’idea, per una causa, e perciò merita una ricompensa scelta da Dio.
— Ma tutto questo non è vero?
— Che importa? Il fatto è che questi individui credono in quelle storie, come se dormissero in piedi. Il loro cervello non funziona più normalmente. Lo hanno scollegato dalla realtà che conosciamo. Sono persone che non appartengono più al nostro mondo. E proprio per questo sono pericolosi. Non solo non hanno paura di morire, ma una volta compiuta la loro missione desiderano la morte con tutte le loro forze.
— Cosa dobbiamo fare per evitare di incontrarli?
— In genere ai bambini si dice di stare attenti. Ma in questo caso, le persone che stavano al Bataclan per ascoltare un concerto rock non potevano immaginare neppure per un secondo che proprio lì avrebbero perso la vita. La sorpresa è una forza. La sicurezza garantita al cento per cento non esiste. Ma c’è il lavoro immediato della polizia, che è necessario e importantissimo; e a lungo termine c’è l’educazione. La scuola deve integrare nei suoi programmi la lotta contro il razzismo, spesso alla base dell’intolleranza e del fanatismo. Che si traducono poi nella realtà attraverso l’esercizio del male assoluto: dare la morte, gratuitamente, a persone innocenti, e diffondere la paura e il terrore.
— Sei ingenuo!
— Può darsi, ma al di fuori della guerra, non vedo altre soluzioni.
Fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2015/11/21/news/la_vita_ai_tempi_del_terrorismo_spiegata_ai_bambini-127868275/